Primo data center sottomarino eolico al 100%: Shanghai inaugura l’era del computing “blu”

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Nell’Area Speciale di Lin-gang (Shanghai) è operativo il primo underwater data center (UDC) alimentato solo da eolico offshore. Investimento da 1,6 mld CNY (~226 mln USD), 24 MW di capacità e un PUE ≤ 1,15: numeri che puntano a ridefinire efficienza, impronta ambientale e densità di calcolo nelle megalopoli costiere.


Perché è una svolta tecnologica

  • Raffreddamento naturale a mare: lo scambio termico con l’acqua abbassa la quota energia dedicata al cooling dal 40–50% a <10% del totale.
  • Power mix 100% rinnovabile: integrazione diretta con parchi eolici offshore ad alta prevedibilità (oltre 3.000 ore/anno di utilizzo).
  • Impronta ridotta: niente consumo di acqua dolce, >90% in meno di suolo rispetto a un campus terrestre con pari potenza, e –22,8% di energia complessiva stimata rispetto a DC onshore analoghi.
  • PUE da stato dell’arte: target ≤1,15, già allineato a standard che molte regioni fissano a ≤1,25 per i nuovi grandi DC.

Architettura: come funziona un UDC

  • Moduli pressurizzati: “pod” sottomarini prefabbricati, saldati e collaudati a terra, poi posati su fondali selezionati, con feed e backhaul in fibra ottica ridondata.
  • Thermal design: scocche e cold-plate ottimizzati per condurre il calore verso scambiatori ad alta superficie; controllo corrosione con materiali e coating marini.
  • Power & rete: collegamento a substation eolica, UPS e storage locale per smoothing; routing multi-dominio verso backbone metropolitano e inter-regionale.
  • O&M: monitoraggio 24/7 con sensoristica subacquea, ROV per ispezioni, finestre manutentive pianificate per sostituzioni modulari.

Cosa cambia per il settore

  • TCO/opex più bassi sul ciclo vita grazie al cooling naturale e a PPA eolici;
  • Capacità “vicina alla domanda” senza consumare suolo urbano premium;
  • Scalabilità modulare: aggiunta di pod a “lego” per aumentare la potenza senza riprogettare un campus intero.

Use case ad alto valore

  • AI & HPC: carichi termicamente densi, dove ogni decimale di PUE conta;
  • Edge costiero per porti, logistica, media e gaming a bassa latenza;
  • DR/Business continuity: cluster geo-differenziati con alimentazione green stabile.

Rischi e questioni aperte

  • Affidabilità long-term: cicli termici, biofouling, corrosione;
  • Manutenzione subacquea: costi e tempi da confrontare con onshore;
  • Compliance & ambiente: iter autorizzativi marittimi, impatti su ecosistemi, acustica subacquea;
  • Cyber-fisica: sicurezza del sito e dei cavi sottomarini come parte della superficie d’attacco.

Impatto economico per l’ecosistema tech

  • Supply chain: materiali anti-corrosione, sensori subacquei, ROV, connettori wet-mate;
  • Servizi: engineering marino, assicurazioni “blue-infra”, facility management specializzato;
  • Politiche industriali: integrazione tra economia digitale, rinnovabili ed economia del mare come nuova filiera export-ready.

Checklist per CTO e cloud architect

  1. Benchmarkare PUE e WUE vs siti onshore equivalenti (capex/opex a 5–10 anni).
  2. Valutare la latenza end-to-end: peering e instradamenti metropolitani.
  3. Pianificare la modularità: strategie di capacity-on-demand per cluster AI.
  4. Hardening: standard di sicurezza fisica dei cavi e SIEM integrato per infrastrutture sottomarine.
  5. SLA realistici: finestre manutentive e logistica ROV/sollevamento pod.

La nostra lettura

L’UDC di Lin-gang mostra che efficienza termica, densità e rinnovabili possono coesistere in un’unica piattaforma. La vera prova sarà la scalata industriale: se i valori reali (PUE, disponibilità, costi di O&M) confermeranno le attese, i DC sottomarini diventeranno una classe d’asset credibile per AI e cloud nelle aree costiere ad alta domanda. La corsa al computing verde ha appena trovato un nuovo fronte: quello blu.

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