Smart working: la rivoluzione è appena iniziata

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Nicholas Bloom, il maggior esperto americano di smart working, dice che la rivoluzione del lavoro a distanza è “solo a metà”.

Smart working: cos’ha detto Bloom?

Lo statunitense Nicholas Bloom, professore presso il Department of Economics della Stanford University, crede che serva un programma uniforme per i dipendenti in smart working. Programma che, secondo Bloom, dovrebbe bilanciare i vantaggi del lavoro da casa con la necessità di collaborazione e uguaglianza. “A meno che i datori di lavoro non stabiliscano condizioni chiare e uniformi”, ha detto Bloom ad Insider, “gli anni a venire potrebbero rimanere pieni di incertezze e sconvolgimenti, sia per le aziende che per i dipendenti. A meno che i datori di lavoro non stabiliscano condizioni chiare e uniformi, gli anni a venire potrebbero rimanere pieni di incertezze e sconvolgimenti, sia per le aziende che per i dipendenti”.

Smart working: cosa ci riserva il futuro

Le aziende hanno deciso che milioni di lavoratori debbano usufruire dello smart working. L’idea che gira è che questo status potrebbe proseguire anche una volta sconfitta la pandemia, ma sarebbe una buona idea? Il confronto con i colleghi d’ufficio, la condivisione di idee e degli spazi vitali e le opportunità per un avanzamento di carriera diventerebbero qualcosa di difficilmente raggiungibile. Se tutti lavorassero da casa non avremmo problemi. Nicholas Bloom è convinto che le complicazioni nasceranno quando qualcuno tornerà in ufficio e qualcun altro resterà a casa.

Il divario tra dipendenti

“C’è un grande costo in termini di opportunità di carriera se gli altri sono in ufficio ma tu no”, ha dichiarato ad Axios Nicholas Bloom. Lo stesso Bloom, nel corso di uno studio del 2015, aveva già rilevato che chi lavorava da casa era il 13% più produttivo ma aveva meno possibilità di essere promosso rispetto ai colleghi che si recavano in ufficio.

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